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La Carta Etica stracciata in Veneto

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La carta Etica per le scuole di psicoterapia non passa il vaglio del consiglio dell’Ordine Psicologi Veneto. Un esito inaspettato, per un documento che era già stato votato positivamente in Dicembre 2010, e si trattava soltanto di confermare e adottare ufficialmente.

Un esito a sospresa: la Carta votata nel Dicembre 2010, nella formulazione che trovate a fondo articolo, era a disposizione di tutti i consiglieri da quattro mesi ma nessuno ha mai accennato ai dubbi che sono stati posti in consiglio.

Il problema delle scuole: non tutte, ma molte.

Il problema delle Scuole di Psicoterapia è centrale per noi psicologi: sappiamo bene quanto costa la nostra formazione, e quali sacrifici affrontiamo per conseguire l’abilitazione in psicoterapia.

Sappiamo anche che la nostra situazione è molto particolare: un titolo di valore pubblico che abilita ad una professione delicata come lo psicoterapeuta è affidato ad istituti privati. Questi istituti vengono autorizzati ad esercitare da una commissione apposita del Ministero per l’Università (MURST). I criteri di autorizzazione all’esercizio, come è consuetudine nel nostro paese, verificano il possesso di alcuni requisiti di base, lasciando al mercato la selezione delle eccellenze qualitative.

Requisiti di base a parte, attualmente nessun sistema di certificazione permette di distinguere qualitativamente una scuola dall’altra, e la scelta fra i centinaia di Istituti dipende spesso dall’approccio teorico, dai consigli dei colleghi, dal costo, dalla presenza di docenti di particolare credito.

Sappiamo che non tutte le scuole autorizzate funzionano bene: AltraPsicologia ha raccolto negli anni un vasto campionario di segnalazioni.

I malfunzionamenti più spesso segnalati riguardano scuole che non curano il tirocinio clinico, lasciato all’iniziativa personale degli allievi e senza un reale controllo. Sul tirocinio ne sentiamo di tutti i colori: dall’allievo disperato perché da due anni non trova una struttura per fare pratica, fino ai peccati veniali e forse inevitabili, come le sovrapposizioni fra attività professionale e tirocinio, o le ore dichiarate ma non svolte interamente in attività psicoterapica.

Ma anche i costi sono spesso un punto dolente: da alcune scuole sono indicati in modo approssimativo, incompleto, e lievitano durante l’anno per l’aggiunta di seminari obbligatori, convegni, materiali. Perfino esami: alcuni colleghi ci hanno segnalato che la loro scuola aveva chiesto una quota aggiuntiva per sostenere i colloqui di verifica necessari per accedere all’anno successivo.

E poi, la questione della psicoterapia individuale degli allievi. Per alcune scuole è assolutamente un optional. Per altre, un obbligo che si spinge al punto di imporre il nome del terapeuta.

Un tema che si presta ad ogni sorta di invenzioni: dall’obbligo di scegliere il terapeuta fra i docenti della scuola, all’imposizione di cambiare almeno due terapeuti nel corso dei quattro anni, fino alla psicoterapia come parte delle ore di pratica clinica. Il tutto con la frequente incertezza sul peso economico di questa parte della formazione, che arriva ad incrementare del 20-30% il costo iniziale previsto.

Esistono poi molte scuole assolutamente virtuose che spendono tempo e risorse per creare e mantenere una rete di strutture per i tirocini, che pubblicizzano il costo della formazione fino all’ultimo centesimo, a costo di perdere allievi allettati dalle offerte low-cost che poi lievitano strada facendo.

Scuole che propongono i propri terapeuti, ma non obbligano gli allievi a sceglierli.

Che dividono correttamente le ore formative da quelle di tirocinio da quelle di terapia.

Scuole che conoscono bene le cattive abitudini della concorrenza, ma evitano di contestarle pubblicamente per non essere accusate di pubblicità negativa verso colleghi e concorrenti.

La funzione della Carta Etica

La Carta Etica nasce dopo aver ascoltato il meglio e il peggio di quel che avviene nelle scuole di psicoterapia; seleziona alcune questioni nodali, e su di esse esprime un’opinione. Già, un’opinione: quella merce ormai rara e inflazionata che molti imitano raccattando pezzi di informazione in ogni dove, pensando di far bella figura un po’ con tutti.

Se la Carta Etica viene adottata da un Ordine Regionale, significa che quell’Ordine è d’accordo con i principi che essa esprime. Le scuole che si sentono in linea con le indicazioni della Carta Etica autocertificano di rispettarle, e l’Ordine ne darà notizia ai propri iscritti, dando comunque pari risalto alle scuole che non aderiscono alla Carta Etica.

Le scuole che non intendono aderire, semplicemente non saranno segnalate come aderenti alla Carta Etica. Nessuna condanna, nessun biasimo: ognuno è padrone del proprio destino e dei propri affari.

Naturalmente, uno stesso Ordine può adottare più disciplinari, e una stessa scuola può aderire a disciplinari diversi se ne condivide e rispetta i criteri: la Carta Etica non vuole di certo l’esclusiva. Quindi, una stessa scuola potrebbe trovarsi due o più bollini di qualità: la Carta Etica, i parametri di eccellenza del CNSP, la certificazione di qualità CSQ, oppure una qualsiasi delle altre decine e decine di certificazioni rilasciate dai vari istituti.

La Carta Etica nasce in modo esplicito come iniziativa terza rispetto alle scuole. Altri disciplinari nascono come iniziativa delle scuole, o con la partecipazione delle stesse. Lo spirito che anima queste iniziative è diverso, ed è improprio ritenere che una sia meglio dell’altra.

Nulla vieta che si possano adottare o costruire disciplinari condivisi, e che un giorno ci sarà un’unica grande carta dei principi, onnicomprensiva. Ma dato che siamo solo all’inizio di un processo di certificazione qualitativa forse è meglio lasciare che tutti i filoni si sviluppino, sia quelli che partono dalle scuole che quelli che partono da enti terzi come gli Ordini o le associazioni di categoria. Altri sono meno possibilisti su questo punto, ma noi riteniamo che il pluralismo sia una risorsa e aiuti i colleghi a farsi un’idea più completa.

Se un collega ritiene che la Carta Etica contenga i criteri a lui più affini, sceglierà scuole che ne hanno adottato i principi. Se ritiene che discriminanti siano i criteri ICQ, si orienterà a quelli. Se preferisce l’ecologia, sceglierà una scuola con locali con certificazione energetica in classe A… insomma, a ciascun consumatore la libertà di scegliere.

Le [solite] obiezioni:

la Carta Etica sotto la lente del consiglio dell’Ordine Veneto.

L’Ordine del Veneto, che ha fama di essere così progressista e vicino agli iscritti, così giovane, dinamico e moderno, con la Carta Etica si è infilato il parruccone. Quasi tutti hanno storto il naso, e chi non l’ha fatto di certo non ha voluto sudare molto per sostenere l’iniziativa. Ecco le obiezioni emerse.

Al primo posto, la classica obiezione che la Carta Etica suona come un’imposizione alle Scuole. Come dire che la certificazione DOC per i vini o la ICQ sono delle imposizioni. Nella realtà la Carta Etica funziona come una certificazione ad adesione volontaria: se una scuola ne condivide i principi aderisce, come un’azienda vinicola aderisce al disciplinare DOC. Se non intende aderire, è liberissima di non farlo. Non ci sono particolari conseguenze negative.

Ma come per la certificazione DOC, una scuola che aderisce alla Carta Etica ha uno strumento di promozione aggiuntivo: comunica ai potenziali allievi che segue alcuni principi, che ha alcune caratteristiche e si impegna pubblicamente a rispettarle.

L’imposizione è semmai quella di chi non vuole la Carta Etica, obbligando tutti gli altri a rinunciarvi.

Un’altra obiezione molto gettonata è stata che la Carta Etica dovrebbe essere costruita insieme alle scuole. Dimenticando che i disciplinari di solito li fanno degli enti terzi, per evidenti motivi di neutralità. Nel marketing più recente, sono i consumatori a fare la differenza con le loro opinioni anonime e pubbliche, e le aziende si adeguano… ma forse nel ricco Veneto, appena uscito dall’era agricola, si è ancora convinti che sia il padrone a decidere prodotto, qualità e prezzo. Beh… finché si può illudersi, ci si illuda.

In ogni caso, per soddisfare anche i palati più tradizionali, giova ricordare che alcune scuole riunite in coordinamento hanno già deciso di autocertificarsi con un proprio disciplinare (i parametri d’eccellenza del CNSP). Iniziativa che non troviamo assolutamente incompatibile con la Carta Etica; anzi, ci pare ne possa costituire un parallelo ed efficace complemento.

Che poi chi ha redatto i parametri di eccellenza (il CNSP) non ricambi questa visione plurale e abbia ufficialmente invitato al boicottaggio della Carta Etica, è questione che attiene alla libertà di pensiero che fortunatamente esiste ancora nel nostro Paese.

Ma la libertà di pensiero è un diritto che uno sceglie o meno di usare, e i consiglieri degli ordini non fanno eccezione. E alcuni dell’ordine veneto non hanno voluto adottare un sistema che valorizza davvero le eccellenze formative, offrendo un servizio nato dalle opinioni dei colleghi.

Altre eccezioni… il punto sul costo dei colloqui di ammissione del candidato, che alcune scuole addebitano al potenziale allievo. La Carta Etica dice che sarebbe meglio che fossero gratuiti. Alcune scuole li fanno pagare. Questione di opinioni… chi ha redatto la Carta Etica è partito dal presupposto che se una scuola vuole selezionare gli allievi deve assumersene il costo.

In consiglio è stata citata la SPI, che per principio farebbe pagare i colloqui di ammissione ai propri allievi; non abbiamo contatti ufficiali con questa prestigiosa società, ma crediamo che possa tranquillamente sopravvivere nonostante la Carta Etica dica che è meglio non far pagare i colloqui di ammissione. Se poi rivendica ancora il principio fondativo di una psicanalisi libera e laica, non dovrebbe curarsi troppo di quel che avviene negli Ordini.

Ancora: la Carta Etica scenderebbe troppo nel dettaglio, mentre l’Ordine dovrebbe restare su criteri generali. Ma a che servirebbe un disciplinare che raccomanda in generale di adottare una condotta etica, senza dir nulla sui problemi più concreti e frequenti che i colleghi e le stesse scuole segnalano? Torna in mente quella vecchissima barzelletta del prete che, con invidiabile equilibrismo dialettico disse ai parrocchiani: “non vi dico chi votare, ma vi raccomando di scegliere un partito veramente democratico e veramente cristiano!”.

L’era delle convergenze parallele è passata da trent’anni. Nel frattempo sono nati disciplinari in ogni settore di offerta di beni e servizi che si rispetti, dalle auto alle case agli alimentari alle università. Per ottenere la certificazione energetica in Classe A per le case il disciplinare di costruzione arriva a definire persino la larghezza dei davanzali delle finestre. Invece noi restiamo sul generale…

Ormai, tutti riconoscono l’importanza di definire criteri di qualità. All’appello mancano solo le grandi religioni monoteiste e gli psicologi.

E poi, la presunta sovrapposizione della Carta Etica con le funzioni della commissione autorizzativa del MURST. In realtà la commissione del MURST svolge onorevolmente il proprio mestiere, che è quello di autorizzare o meno le scuole a svolgere corsi abilitanti alla psicoterapia. Nulla a che vedere con un disciplinare qualitativo, che ha lo stesso valore della DOC per i vini: molte aziende sono autorizzate dallo Stato a produrre vino, solo alcune scelgono di aderire ai criteri per fregiarsi della certificazione DOC adeguando il processo produttivo.

La parte più simpatica della riunione del Consiglio del Veneto è stata quella dei giochi enigmistici: per non entrare nel merito dei contenuti, alcuni consiglieri hanno segnalato presunti errori di ortografia (o sintassi, o battitura) nella Carta Etica. Salvo poi non indicarli con precisione.

Confessiamo che il dubbio ci è venuto. Beh, vi sfidiamo a trovare errori nel documento, allegato per intero fui in fondo, come in certi giochi sulla Settimana Enigmistica. Almeno in tutto questo ci divertiamo un po’.

Cuor di Leone

Quella fatidica sera, è sembrata emergere la tendenza a preoccuparsi di quel che le Scuole potrebbero dire, in una specie di accomodamento preventivo. Nessuno si è preoccupato troppo dei molti giovani colleghi stritolati dalle distorsioni del sistema formativo, stretti fra la necessità di non buttare al vento denaro già speso e il diritto a condizioni certe ed una formazione di qualità.

Un’attenzione che peraltro le Scuole non hanno chiesto, visto che in molte hanno aderito alla Carta Etica in Lombardia. Altre hanno espresso con pacatezza il loro dissenso e non hanno aderito alla Carta Etica, ma hanno comunque rispettato l’iniziativa. Altre ancora hanno reagito con teatrale indignazione, gridando allo scandalo perché un ente pubblico come l’Ordine si occupa degli affari privati di chi rilascia un’abilitazione all’esercizio della psicoterapia. Come è facile dimenticarsi della principale funzione dell’Ordine, che è proprio quella di occuparsi di chi esercita il mestiere di psicologo e psicoterapeuta.

Crediamo che questo esprima il clima presente in alcuni Consigli Regionali, in cui si evita di prendere posizione per motivi legati al consenso e agli interessi personali dei consiglieri. Un clima di connivenza che è un’abitudine dell’intero sistema italiano, e che gli impedisce di crescere.

E pensare che la Carta Etica è assolutamente a costo zero… ci piacerebbe che analoga cautela fosse applicata anche per le iniziative a pagamento, o per quelle che arrivano in consiglio solo per ratifica, e sono ben più improprie e sgrammaticate.

Chi merita la Carta Etica?

Le scuole virtuose, certamente. Queste scuole meritano l’esistenza di disciplinari qualitativi. Meritano di poter aderire a criteri di distinzione che provengano da enti terzi. Meritano di veder riconosciuti pubblicamente i propri pregi.

Ma soprattutto gli psicologi. Noi tutti meritiamo di darci dei criteri per scegliere fra l’offerta formativa presente liberamente sul mercato. Meritiamo criteri imparziali, trasparenti, plurali. Lo meritiamo dai coordinamenti delle scuole, ma anche dagli Ordini.

Meritiamo che le istituzioni di tutela della nostra categoria imparino a prendere posizione per tendere al miglioramento. L’alternativa è questo presente opaco, indistinto, in cui tutti si lamentano ma nessuno vuole fare per primo un passo avanti.

Mentre noi ci accontentiamo di una mera autorizzazione di base, e stiamo fin troppo attenti a non pestarci i piedi, intorno a noi il mondo procede per accreditamento.

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